Il signor Sotto Sotto (e la verità che ne deriva) - Capitolo III


Terzo capitolo: Ciro la fa grossa, mandando su tutte le furie il Signor Sotto Sotto
Buona lettura
Enza Emira


3. L’aquilone

“Non ci discutere, scendi da lì” disse perentoria la portinaia mentre con il sidol lucidava i pomi del portone. “Tra un po’ arriverà e come al solito sarà di cattivo umore, meglio per te lasciargli il posto libero” e fissò il nuovo ragazzo con aria materna.
Ciro scosse la testa allargando le gambe ben piantate sulla panchina e agitando l’aquilone nuovo di zecca che gli aveva regalato suo padre.
Era l’ennesimo regalo per addolcirgli l’amara medicina di quel trasferimento.
“Un posto migliore per una vita migliore” gli avevano spiegato i suoi genitori. Ma alla fine non l’avevano mica tanto convinto che avere la playstation fosse meglio dei pomeriggi al mare a giocare a pallone.

Comunque, dicevamo, non diede peso neanche per un momento alle parole della portinaia e dritto in piedi sulla panchina cercò di far prendere il volo al suo aquilone.
Il vento era lieve ma tra i rami del platano sembrava avere più forza. Il ragazzo se lo sentì sul collo mentre, con una folata, si trascinava con sé quel piccolo aquilone rosso, verde e blu.
Esultò e lasciò scivolare il filo tra le dita.
 Un giro, due giri, tre giri.
Cavolo, se tirava dritto verso il cielo che quasi sembrava andarsi a specchiare nei vetri delle finestre del secondo piano.
Tirava, tirava finché il vento finì.
Allora l’aquilone si piegò e precipitò in picchiata.
Precipitò veloce, velocissimo.
Ciro si sporse dalla panchina su cui stava e saltò per afferrarlo prima che si schiantasse.
Purtroppo perse l’equilibrio.  E STUMMP una rovinosa caduta sulla preziosa, preziosissima, aiuola del signor Sotto Sotto come aveva soprannominato quel vecchio brontolone per via di quel suo intercalare così stravagante.

L’aquilone s’era impigliato nel platano e Ciro lo fissava sdraiato sulla salvia dove era caduto.
Tutt’intorno l’odore era così forte che quasi lo stordiva.
Per un attimo sperò, sognò, di essere in cucina seduto a tavola a disegnare mentre la mamma passava quelle foglie nella pastella e le friggeva spandendo un profumo buono per tutta la casa.
Ma non era così.
La verità era che, con la sua caduta,  aveva spezzato irrimediabilmente i rami del cespuglio.
Un vero disastro.
La paura di quel vecchio lo colse facendolo tremare.
Si mise a sedere e incominciò a riflettere guardandosi intorno.
Poi la vista della portinaia che, finita la lucidatura degli ottoni, attaccava gli avvisi della manutenzione dei contatori del gas, gli fece venire un'idea.
Corse in casa a prendere del nastro adesivo e con tutta la pazienza che poté esercitare rimise insieme le foglie con i rami, i rami con il tronco.
Alla fine fu soddisfatto.
Era, a suo parere, impossibile accorgersene. Almeno così credette fin quando non udì lo strillo acuto del signor Sotto Sotto. AARRRG
Era paonazzo, in piedi sotto le sue finestre e brandiva il bastone.
“Tanto lo so che mi stai ascoltando” sbraitò al cielo il vecchio.
 “Questa me la paghi, mi hai sentito, me la paghi cara”.

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